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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Memorie di un vecchio giardiniere

Ero a Bari e una mattina, controllando la posta elettronica, ho notato l'offerta di un ebook alquanto curioso: Memorie di un vecchio giardiniere.

L'acquistato di impulso, forse perché mio nonno era giardiniere e i ricordi mi hanno suggestionato. Per qualche giorno me ne sono dimenticato, poi ho iniziato a leggerlo. Il protagonista è Bert Finnegar, detto anche il Vecchio Gramigna, un giardiniere in pensione che vive nel cottage di una antica villa padronale inglese. Attraverso di lui il lettore attraversa quasi un secolo di storia, dalla fine dell'Ottocento al primo dopoguerra. Entrato al servizio della signora Chatteris a quindici anni, Finnegar si rivela un talento naturale per il giardinaggio, e diventa una piccola celebrità nella sua contea. Gli anni passano veloci, fra routine e grandi sconvolgimenti, fino alla vecchiaia. La trama è tutta qui, semplice e piana.


Come ci ricorda la nota bibliografica, questo breve romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1950, e ben presto è stato dimenticato. Ristampato negli Stati Uniti dieci anni fa, si è rivelato un buon successo editoriale. Ho trovato un po' malriuscita l'ironia di alcune pagine, ma forse è questione di gusti. Il libro è scritto in modo sorprendentemente lieve, quasi a sottolineare l'armonia delle cose naturali, a partire dal ciclo della vita. Finnegar diventa adulto ed invecchia sotto i nostri occhi, senza drammi. Non si dispera per la povertà da fanciullo, né drammatizza gli acciacchi dell'età che avanza. Come un fiore, Bert Finnegar compie il suo percorso nella storia, e non sembra un caso se l'autore evita di parlare della morte: Finnegar è un personaggio senza tempo, più della sua padrona e degli altri uomini che incrociano la sua vita. Finnegar è la saggezza dell'esperienza, la solidità della tradizione che può essere accantonata, ma non può morire.

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