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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

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Quaranta. Oggi compio quarant'anni. Quattro volte dieci, due volte venti, $12.732389\ldots$ volte pi greco. L'ispettore Fazio, collega di Salvo Montalbano, mi descriverebbe dicendo "è un quarantino".
Un amico, di poche settimane maggiore di me, mi ha fatto notare che negli "anta" si entra e quasi certamente non se ne esce mai più. Un'amica, nata pochi giorni prima di me, ha detto che i quaranta di oggi sono i trenta di una volta: aspetto con trepidazione che siano messi al corrente le mie ginocchia e il nervo sciatico. Se fossi meno miscredente, penserei che la coincidenza del mio genetliaco con il Venerdì di Passione sia un segno divino, ma non ho la presunzione di essere tanto importante.

Mi guardo (vi risparmio un selfie) e mi domando: è così che pensavo di arrivare a quarant'anni? Vediamo. Da bambino non ci pensavo, si sa che per i bambini nulla distingue un trentenne da Matusalemme. Da adolescente mi immaginavo latinista o giornalista, mentre a vent'anni mi immaginavo forse insegnante di matematica al liceo. A trenta, fornito di dottorato in matematica, cercavo soprattutto di non immaginarmi disoccupato alle prese con il duecentesimo concorso universitario: è andata bene, considerato che i concorsi universitari sono bloccati ormai da sei anni. A trentacinque scherzavo con l'amico di cui sopra sul "mezzo del cammin di nostra vita".  Ieri pomeriggio invece ho guardato un bel film thriller ambientato in Tirolo, e non ci ho pensato troppo.

Dicono spesso che i trenta passano in un momento, ma nel mio caso sono durati più o meno dieci anni; l'unico difetto è che avrei preferito un bis. Una scrittrice coetanea, che ha festeggiato il compleanno all'inizio di questa settimana, ha scritto sul suo blog che ha un mucchio di progetti, e che questi quaranta le piaceranno un sacco. Boh, sono contento per lei, ma credo che in fondo non riusciamo mai a pianificare la vita. La prendiamo come viene, e cerchiamo di governare la nave senza affondare. E poi io, per carattere, tendo a cercare l'equilibrio stabile: al diavolo i punti di sella e i passi di montagna, io voglio le buche di potenziale!

Tutti questi discorsi hanno un risvolto numerologico un po' ridicolo per un matematico, e in fondo sono tutte turbe psicologiche. Che però vengono, inevitabilmente. Bilanci, ricordi, nostalgie, rimpianti, il conforto dei progetti: il regalo di compleanno che non possiamo cambiare in negozio.
Mi conforta sapere che potrebbe andare molto peggio: un callo dolente, per dirne una. Oppure i cinquanta.

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