Passa ai contenuti principali

In primo piano

Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Un mondo a-social

Leggo reportage e interviste provenienti dalla Turchia, dove il governo ha (dilettantescamente) impedito l'uso di Twitter. Pare che milioni di turchi siano sconvolti. Non preoccupati o arrabbiati: sconvolti. I social network sono evidentemente stati assimilati ai diritti fondamentali di ogni libero cittadino. E così ho cercato di ricordare come fosse la mia vita prima di Internet. Ormai i ricordi si fanno lontani, devo risalire al 1998. Non conoscevo la posta elettronica, non navigavo con Netscape, avevo un vecchio computer buono solo per scrivere la tesi di laurea. Ma ero meno libero o meno informato?


Beh, probabilmente sì, almeno in parte. Naturalmente la questione turca è diversa, perché si tratta di un arbitrio del potere e non di una scelta spontanea. Resta il fatto che, secondo me, questi network sociali sono stati sopravvalutati. Li si tira in ballo a proposito delle cosiddette primavere arabe, non proprio un fulgido esempio di appropriazione della libertà a partire dal basso. Twitter, in particolare, è uno strumento notevole ma altrettanto pericoloso, perché richiede una capacità critica che spinge in direzione contraria a quella delle grandi masse. In un contesto ad alto rischio, un tweet malizioso può scatenare conseguenze spaventose. E non credo molto nemmeno alla favola dell'informazione senza filtri: se è palese che i mezzi di comunicazione classici (giornali, radio, televisione) possono manipolare l'interpretazione dei fatti, è pur vero che possono agire da controllore, da cane da guardia. Siamo poi convinti che il tweet di un Simone Secchi qualunque debba essere più attendibile di un articolo di giornale?


Quando sento parlare di Internet, mi viene sempre in mente lo scopo con cui essa è stata creata: le comunicazioni militari. Insomma, solitamente gli ambienti militari non sono la culla della democrazia e del libero pensiero. Uno strumento pensato per diramare ordini e comunicazioni riservate può non essere l'ideale per altri usi. Abbiamo trasformato un mezzo di comunicazione tra pochissimi in un mezzo di comunicazione tra tutti, senza soffermarci sui possibili difetti.

Twitter stesso è insostituibile nella gestione delle emergenze, mentre mi sembra quasi deleterio nella vita quotidiana. Dice il saggio: la differenza fra la timeline di Twitter e i miei quaderni di seconda elementare è che io avevo sette anni. Insomma, se il tuo pensiero è tutto contenuto in 140 battute, forse non sei proprio un maître-à-penser.


Il fatto è che i social network hanno un disperato bisogno del sostegno dell'intelligenza, materia che su larga scala tende a scarseggiare. Il risultato è l'emersione del lato ferino. Sappiamo tutti quello che succede quando mettiamo due galli nello stesso pollaio. Immaginate ora di mettere a confronto tutti i galli di tutto il mondo, e avrete Internet. 

Certo galli e galline non sono animali intelligenti, come insegna Renato Pozzetto; ma l'essere umano può essere tranquillamente più stupido del necessario. Un tempo, un cretino del mio paese poteva far danni in un raggio di qualche chilometro, mentre oggi può fare pasticci terribili in Sud America con un colpo di mouse.


Come dice lo scrittore Mauro Corona, va bene il cellulare, va bene il computer, va bene internet. Ma bisogna sempre usare la testa.

Commenti

Post più popolari