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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Non scholae, sed vitae

Questa mattina ero dalle parti dei giardini di Porta Venezia, a Milano, in attesa che un negozio aprisse le porte. Solo ieri mattina, da queste parti, c'è stato l'ennesimo scontro fra un corteo di studenti e la polizia: i ragazzi protestavano contro la mortificazione della scuola pubblica, come avviene con periodicità quasi costante.

Sulla soglia degli... "anta", ho capito che spesso queste manifestazioni sono organizzate anche sull'onda delle illusioni giovanili. Alla loro età, è difficile accettare un mondo ingiusto, come è sempre stato e come, molto probabilmente, sempre sarà. Certe presunte ingiustizie si trascinano dai tempi della Magna Grecia, perché forse appartengono alla società umana. Ci siamo passati tutti, attraverso le delusioni dell'età adulta, e siamo diventati grandi.

Però, però. Questi manifestanti, in mezzo a qualche ingenuità e a qualche torto, hanno molte ottime ragioni: la scuola italiana (e comprendo anche l'università) sembra destinata a marciare su una discesa sempre più ripida, fatta di privazioni economiche e culturali. Manca la carta igienica, ma manca - con tutto il rispetto per chi si trova in bagno senza carta igienica - soprattutto lo slancio intellettuale. Non so se dipenda da un'ideologia nemmeno troppo latente, ma siamo passati in tutta fretta da una scuola un po' polverosa ma dalle fondamenta solide ad una scuola costruita sulla sabbia.

Non cercherò di giustificare l'opportunità della lingua latina alle scuole medie inferiori (oggi dette scuole superiori di primo grado), eppure non posso credere che l'ablativo e il piuccheperfetto abbiano rovinato irreparabilmente le generazioni passate. Capisco anche che mia madre non abbia mai usato il latino per scopi professionali, ma nemmeno io ho mai usato quei pochi rudimenti di chimica o di biologia che ho studiato al liceo. E allora?
Ecco, il verbo usare e l'aggettivo utile sono diventati la stella polare dei ministeri della pubblica istruzione. Dobbiamo immagazzinare nozioni utili, e possibilmente in fretta: stiamo gareggiando con il mondo globale, perbacco!

Sono assolutamente certo che il sistema dell'istruzione italiana soffra di alcuni difetti che converrebbe correggere, ma finora i tentativi di correzione hanno impoverito la qualità media dei diplomati e dei laureati. I nostri vecchi dicevano che serve tempo per tirar grasso il maiale; immagino che serva tempo anche per imparare e sviluppare l'intelletto.
Ho paura che non saranno le proteste di piazza a cambiare il trend della politica su scuola e ricerca. Ma fra un disoccupato ignorante e un disoccupato istruito, qualunque governante intelligente dovrebbe preferire il secondo. E chissà che, grazie ad una preparazione più solida, il disoccupato possa trovare un impiego più facilmente. Nel frattempo, saremo persone migliori.

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