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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

"Mal'aria", di E. Baldini






Acquistato fra i remainders di una libreria, ho letto avidamente questo brevissimo romanzo di Eraldo Baldini, pubblicato ormai quindici anni fa da Frassinelli. Mi è stato recapitato con una fascetta rossa ormai sbiadita, che pubblicizzava la miniserie omonima di Rai Fiction. Miniserie che non ho visto e, stando ai commenti che girano in Rete, ho fatto bene a non vedere.
Eraldo Baldini è uno dei miei scrittori preferiti, forse l'unico italiano contemporaneo che leggo con piacere. Al contrario del lezioso Carlo Lucarelli e del fastidioso Andrea Camilleri (ma rivedo sempre con gusto i film ispirati al suo commissario Montalbano), Baldini ha una scrittura secca, vagamente anglosassone. Cantore della sua Romagna, spesso descritta nei risvolti più neri e gotici, è l'autore del famoso Gotico rurale (ri-pubblicato nel 2012 con l'aggiunta di materiale inedito), e dei più recenti L'uomo nero e la bicicletta blu e Quell'estate di sangue e di luna. Proprio in questi giorni è in libreria Nevicava sangue, che non ho ancora letto e che comunque appartiene ad un filone narrativo completamente diverso.

Ambientato fra piccoli paesi immaginari della Romagna fascista (siamo nel 1925), Mal'aria è il breve resoconto di una storia a metà fra il crimine e il gotico. Carlo Rambelli, forlivese da anni impiegato come ispettore sanitario a Roma, è incaricato di compiere un sopralluogo fra le provincie di Ravenna e Ferrara; lì, fra le nebbie e le zanzare, troppi bambini sono stati portati via da una inconsueta epidemia di febbre malarica. Il tasso di mortalità è anomalo, e il duce in persona non tollera che la sua terra sia funestata proprio dalla piaga endemica che sta cercando di debellare con leggi speciali di sanità pubblica.
Rambelli, seppur riluttante, deve accettare l'incarico. Lo accoglie un ambiente ostile e omertoso. Le poche persone che avrebbero dovuto fornirgli ragguagli sono irreperibili o addirittura morte improvvisamente. Il ras Bellenghi, tronfio e fascistissimo, non apprezza quell'ispezione ordinata da Roma (ladrona?) nei suoi paesi. Solo la giovane e bella Elsa sembra offrire aiuto al dottor Rambelli, mentre il piccolo Giuseppe, un bambino capace di vedere i morti, scopre misteriosi scheletri di bambini sepolti in campagna.
Qui mi fermo: le centocinquanta pagine del racconto scorrono veloci, e non voglio guastare la sorpresa dei futuri lettori. Complessivamente, Mal'aria regala qualche ora di coinvolgimento, pur non essendo fra i migliori prodotti della vena narrativa di Baldini. Il finale, come notano tanti commentatori in Rete, sembra affrettato e superficiale. Di sicuro trascina il lettore nella direzione antipodale alle sue aspettative, ma è abbastanza evidente che il senso del racconto sta nella descrizione dei soprusi del regime, allora in piena espansione. La malaria è dunque solo una metafora, e la mala aria diventa quella respirata dove la violenza assurge a soluzione di ogni problema.

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