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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Immaturi digitali

Ho appena finito di leggere un articolo del ben noto Paolo Attivissimo, che richiama un'indagine svolta dalla mia università e che colpevolmente ignoravo. L'argomento è stuzzicante: ma è proprio vero che i ragazzi sono nativi digitali?

La risposta di Attivissimo, che peraltro non mi sorprende affatto, è negativa: no, le generazioni più giovani mancano totalmente delle basi informatiche e della consapevolezza che ingenuamente attribuiamo loro. Se è vero che tutti i giovanissimi accedono alla rete Internet con regolarità, è altrettanto vero che essi non sanno quello che fanno. Non sanno che, per esempio, Youtube è un sito internet: per loro è un'applicazione, un software che trovano installato sullo smartphone o sul tablet. Da qui la sconsolante risposta, citata nell'articolo, di un ragazzino che afferma sdegnosamente di non usare Internet, ma solo Youtube.

Se ne deduce che questi giovani non sono affatto quei pericolosi smanettoni che la vulgata dei mass media descrive; se un giorno diventeranno hacker, dovranno imparare esattamente quello che abbiamo imparato noi (quasi) quarantenni. Anzi, probabilmente faticheranno ancora di più, perché hanno perso la curiosità dei pionieri dell'informatica. E hanno perso uno strumento fondamentale: il computer. Per questi ragazzi tutto passa per il telefono e il tablet, mentre il personal computer è un pezzo da museo. Peccato che sia praticamente impossibile comprendere il senso di Internet attraverso quei sistemi rigidi che fanno funzionare uno smartphone o un iPad.

Mi permetto una chiosa: d'accordo, Paolo Attivissimo è una celebrità in campo tecnologico. Ma bastava chiedere ad un insegnante mediamente smaliziato nell'uso di computer e affini. Quando, nella prima lezione che tengo alle matricole, racconto come accedere alla piattaforma di e-learning, vedo facce a-punto-interrogativo: che cosa sarebbe questa pagina di login? Che cosa sono le credenziali di accesso? Che significa inserite questo URL nella barra del browser? Qualcuno, per fortuna pochi, trova difficoltà a spedire un messaggio di posta elettronica (un altro strumento del passato prossimo, soppiantato dalla messaggistica istantanea di Facebook & C.) usando l'account fornito dall'università. Se penso che, nel 1999, imparavo a spedire un'email utilizzando il protocollo telnet da riga di comando, mi sento davvero vecchio.

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