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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Recensione: "I piedi sul Friuli"






Pubblicato dalla pordenonese Edizioni Biblioteca dell'Immagine, le 120 pagine di questo delizioso libro scorrono veloci sotto lo sguardo del lettore. Il goriziano Mauro Daltin ci regala questi racconti della sua terra, quel Friuli che inizia subito dopo Longarone e termina oltre il confine dell'attuale Slovenia. E pazienza se qualche contestatore colloca la provincia di Gorizia nella Venezia-Giulia.

In un ideale - e forse non del tutto ideale - viaggio da ovest ad est, Daltin ci presenta alcuni luoghi fra i più suggestivi della regione. Si parte dalla Erto di Mauro Corona, dove una vecchietta racconta alcuni episodi del paese quasi abbandonato dopo la tragedia del Vajont. Poi ci si sposta a Pàlcoda, frazione montana raggiungibile soltanto a piedi da Tramonti di Sotto. Un luogo spettrale, completamente disabitato da novant'anni, e testimone di un epico scontro fra tre giovani partigiani e gli occupanti nazifascisti dopo l'armistizio. Sul campanile di Pàlcoda, recentemente restaurato, una targa ci ricorda il sacrificio di quei ragazzi che non volevano arrendersi ai rastrellamenti di tedeschi e cosacchi. Ora il borgo è un ammasso di pietre rovinate a terra, testimone del silenzio e dell'abbandono.

E poi ci sono le storie del maestro elementare di Moggessa e quella del brigante che osò sputare sui piedi di un nobile veneziano e che pagò con la vita l'affronto, dopo anni di scorrerie e fughe in montagna. Chiude il libro l'avventura slovena, a Šmartno, dove alcuni anziani distillano grappa in clandestinità, confessando però di venderla anche ai commercianti italiani per i clienti più importanti.

Il Friuli è una terra particolare, che dalle Alpi si apre al mare fra mille distinzioni. Ci sono il Friuli Alto e il Friuli Basso, quello di qua e quello di là, gli inevitabili legami con il Veneto e l'orgoglio di essere diversi dai veneti. Claudio Magris ha detto che i Balcani iniziano con il confine orientale del Veneto, oltre il quale l'Italia non è veramente Italia.
Nella mia esperienza, questa affermazione merita qualche distinzione. La parte meridionale, quella di pianura, è ormai indistinguibile dalla pianura veneta o lombarda. Tante piccole industrie, schiere di villini e villette, quartieri spesso anonimi come quelli della Brianza operosa, spiagge piene di famiglie che si godono il mare calmo e relativamente economico. Il capoluogo amministrativo, Trieste, è notoriamente un universo a parte, sia per la storia che per il tessuto sociale. Il capoluogo de facto, Udine, è una bella città di sapore veneziano, bruciata dal sole estivo.
I veri "balcani" sono invece nella metà superiore, posti martoriati dalle calamità più o meno naturali, teatri di massacri in tempo di guerra e di miseria in tempo di pace. Questi paesi, abbarbicati alle poche strade che la geografia consente di costruire, sono stati abbandonati dai giovani in cerca di lavoro e di un futuro migliore. Anche oggi, in un tempo di traporti facili e accessibili, si va a studiare a Bologna, Padova, Milano, Roma. E poi addio, qui non ci sono opportunità fra le casere e i fiumi.

Il libro di Daltin riproduce con leggerezza e piacevole nostalgia lo svuotamento fisico e spirituale di una terra che, per dirla con le parole dell'attore udinese Giuseppe Battiston, non sa più che cosa essere: dopo decenni a presidio del confine orientale contro il blocco sovietico, anche i militari se ne sono andati, e le caserme crollano sotto il peso dell'incuria.
Insomma, una bella lettura per chiunque ami, o voglia amare, il Friuli e la sua storia. Dispiace solo che stia diventando molto difficile reperire il volume attraverso i canali principali.

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