Questo libretto di
Paolo Agaraff è la classica scoperta casuale da bancarella. Poche pagine, che ho acquistato senza troppe aspettative. E invece le ho letteralmente divorate!
La trama è suggestiva: nel novembre del 1930, sette cugini sono convocati sulla sperduta isola Mortorio, al largo della costa sarda. Un loro parente è morto, e il testamento prevede la convocazione dei protagonisti nella villa avita, per la ripartizione dei beni. I nostri raggiungono lo scoglio roccioso sulla barca di un pescatore, e incontrano l'ambiguo notaio per le formalità. Ma la tragedia è in agguato: durante la notte, uno dei cugini muore sfracellato sulle rocce della costa, senza apparente spiegazione. Il notaio suggerisce l'ipotesi del suicidio, forse troppo frettolosamente. Intanto il tempo volge al brutto, e la tempesta impedisce di lasciare l'isola.
Il giorno seguente, il cugino militare e fascistissimo svanisce apparentemente nel nulla, mentre altre morti cruente funestano il soggiorno dei parenti. Sullo sfondo, i frammenti di un antico diario, dove si narra l'incontro della specie umana con una razza primordiale intelligente ma quasi sterile. Fatalmente il sangue dell'uomo si mischia con quello della specie in via di estinzione, generando una stirpe di mutanti.
Nelle ultime pagine, i due racconti paralleli si sovrappongono nel modo più intuitivo: i cugini sono gli ultimi discendenti della stirpe mutante, e il notaio è in realtà un prete esorcista incaricato di sterminarli definitivamente.
In apparenza, il racconto potrebbe sembrare l'ennesimo tentativo di scrivere fantascienza d'accatto. Nei fatti la lettura è piacevole, e per due terzi delle pagine sembra di leggere un giallo alla Agatha Christie. L'epilogo ripiega sull'horror alla Lovecraft, ma senza cedere alla lusinga del film di serie B.
Personalmente non sono riuscito a cogliere una metafora del totalitarismo, pure suggerita da qualche lettore in Rete; però mi sono divertito, ed è già un ottimo risultato.
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