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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Il pensiero debole del progresso

In questi giorni mi sono accaduti piccoli eventi che hanno confermato la mia vecchia congettura.

Congettura. Il progresso tecnologico ha una correlazione negativa con la robustezza.

Che cosa voglio dire? Essenzialmente che l'evoluzione delle conoscenze tecniche spinge verso la produzione di apparecchi tecnologici sempre più indifesi contro gli eventi esterni.
L'esempio più recente che ha confermato la teoria è capitato sabato pomeriggio. Stavo lavorando al computer, quando la maledetta pallina dll'Apple Mighty Mouse ha smesso di funzionare. Due parole sul fenomeno: si tratta di una pallina di gomma, anche abbastanza morbida, che permette di fare scrolling senza utilizzare le barre di scorrimento delle finestre. È molto comoda, e ci si abitua in fretta. A differenza delle rotelle tradizionali dei mouse, questa pallina gira in tutte le direzioni, permettendo un controllo migliore dei movimenti. Peccato però che la vita media di tale marchingegno, facilmente stimabile con una ricerca Google, sia di un paio d'anni. Che botta di fortuna, il mio si è rotto dopo quattro!
Comunque, dopo che gli stratagemmi più fantasiosi di pulizia esterna non hanno dato alcun miglioramento, mi sono rassegnato ad aprire il mouse. O, meglio, a forzare il mouse, come fa Pietro Gambadilegno con la cassaforte della Bank of Topolinia. Sì, perché quei geni assoluti che hanno realizzato questo mouse non hanno previsto la possibilità di pulirlo, se non rompendo una ghiera con un cacciavite.
Se vi interessa, la pallina era pulita come un neonato dopo il bagnetto, e tuttavia non funzionava. Ho richiuso il mouse con un po' di colla e mi ho detto addio allo scrolling. La parte istruttiva di questa esperienza è che ho visto con i miei occhi il meccanismo su cui si basa la magia del mouse: una pallina che si appoggia su quattro pirolini magnetici che, a loro volta, trasmettono il movimento cavo usb. Tutto tranne che mighty, quindi. Semmai è mighty il vecchio mouse che conservo in una scatola, regalatomi con un computer del 2001 e ancora perfettamente funzionante.

Ma gli esempi sono infiniti. Qualche anno fa, mio papà è rimasto a piedi perché la batteria dell'automobile si è scaricata. Sono cose che capitano, e infatti lui ha tentato di avviare il motore in discesa, come gli era stato insegnato nel 196x quando ha preso la patente. Povero illuso! Già la sua macchina, acquistata nel 1997, monta un sistema di allarme che impedisce di avviare il motore a batteria scarica, e obbliga ad un reset mediante computer dopo la sostituzione della batteria. Una semplice operazione di sostituzione della batteria è diventata un intervento informatico con esiti incerti (esisterà ancora il software giusto per una centralina elettronica così obsoleta?).
E vogliamo parlare della robustezza dei cellulari? Ho visto cellulari di prima generazione caduti dal secondo piano e perfettamente funzionanti. Adesso basta un graffio sul display touch-retina-alta definizione-delicato per dita sensibili e devi spendere cento euro per farlo sostituire.

Ma il bello è che nessuno si lamenta, e vige la rassegnazione più deprimente. Nessun venditore di elettrodomestici invoglia il cliente all'acquisto con la promessa che "questo frigorifero è indistrittubile". Ci hanno lavato il cervello, e ci riteniamo fortunati se il televisore si accende ancora dopo cinque anni. Io ne ho uno del 1986, con qualche acciacco, ma talmente robusto che non ha mai richiesto una riparazione. Se credete di trovarne ancora in vendita, siete dei poveri illusi.

Quello che segue può avere il sapore di una banalità da mercato del pesce, ma lo scrivo ugualmente. Una legge regionale della Lombardia ha imposto l'installazione dei contabilizzatori di calore e delle termovalvole su tutti i caloriferi condominiali. Nel mio palazzo avevamo una caldaia del 1995, perfettamente funzionante ma indiscutibilmente primitiva: si accendevano le fiamme dell'inferno per quattordici ore al giorno, e negli appartamenti avevamo spesso 24 o 25 gradi. Quest'anno abbiamo installato un sistema di quattro caldaie di ultima generazione, che rispettano il limite di 20 gradi imposto per legge. Sprigiona meno di un quarto dei fumi rilasciati dalla caldaia precedente, e consuma molto meno metano. Qual è stata la reazione della maggioranza dei condomini? Furia sterminatrice verso l'amministrazione, perché "la guerra è finita, non possiamo morire di freddo a casa nostra" (testuali parole di un condomino in assemblea).
Ditemi voi se venti gradi possono far morire qualcuno per assideramento. E il bello è che questi condomini sono cresciuti nel primo dopoguerra, quando le case erano riscaldate dalle stufe a kerosene e la miseria imponeva di riscaldare solo un locale.

Temo che abbiamo costruito una società fragile, ormai incapace di vivere senza le comodità. Scopriamo che un guasto ad un impianto di distribuzione dell'energia elettrica può far collassare le attività di un'intera regione, scatenando vere e proprie scene di panico nella popolazione.
Quel che è peggio è che stiamo dismettendo i servizi più robusti (le comunicazioni radiofoniche, quelle postali, perfino alcune attività mediche basilari) poiché li riteniamo obsoleti. Io, quando penso all'intrinseca instabilità che connota il vivere quotidiano ai tempi dell'informatica, non mi sento affatto rassicurato.



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