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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Come deprimere un insegnante di matematica

Ecco un breve elenco di tecniche atte a deprimere un insegnante di matematica. Ammesso che non sia già depresso per altri motivi.

  • Dire che $\lim_{x \to x_0} f(x)=l$ se e solo se
    per ogni successione $\{x_n\}_n$ di elementi del dominio di $f$ tale che $x_n \to x_0$ e $x_n \neq x_0$ si verifica che $f(x_n)\to l$
    piace all'insegnante ma non allo studente. Il fatto è che i metematici sono grandi spilorci, e si eccitano all'idea di introdurre un concetto con il minimo possibile dello sforzo. Se è vero che i limiti di funzione sono riconducibili ai limiti di successione, quasi nessuno studente sarà parimenti eccitato da questo risparmio, e continuerà a domandarsi che fine abbiano fatto $\epsilon$ e $\delta$.
  • La differenza fra
    • per ogni elemento di $X$;
    • per ogni elemento di $X$, eccetto un numero finito;
    • per ogni elemento di $X$, eccetto una quantità numerabile di elementi
    è pressoché inesistente per lo studente medio. Inutile zompettare felici davanti alla lavagna dopo aver dimostrato che esiste una funzione continua ma non derivabile in un punto: per gli studenti quel punto è solo un po' sfigato, e soprattutto è un misero, singolo punto. Poiché il 99% delle funzioni di uso comune è di classe $C^\infty$ in $\mathbb{R}$, eccetto al più nei punti di un insieme finito o numerabile, questi esempi ottengono un unico risultato: far passare l'insegnante per un insopportabile rompipalle.
  • Weierstrass era un genio assoluto, e introdusse una splendida definizione di derivabilità. Una funzione $f \colon (a,b) \to \mathbb{R}$ è derivabile in $x_0 \in (a,b)$ quando esiste una funzione $\omega$, continua in $x_0$, tale che $f(x)=f(x_0)+\omega(x) (x-x_0)$ per ogni $x \in (a,b)$. Questa definizione è potentissima, e tutte le dimostrazioni diventano semplici ed immediate. C'è tuttavia un piccolo problema: alla fine del corso, scegliete lo studente più bravo e chiedetegli di scrivere l'espressione della funzione $\omega$ per $f(x)=\sin x$ e $x_0 \in \mathbb{R}$. State tranquilli, non ci riuscirà mai. Morale: usate il limite del rapporto incrementale, perché se è quella più usata in tutto il mondo un motivo deve pur esserci.
  • Non fatevi prendere dal desiderio di insegnare prima il concetto di continuità e poi quello di limite. Lo faceva (penso) Giovanni Prodi, che scrisse il primo libro italiano di analisi matematica in cui la topologia prevaleva sui tradizionali approcci tipicamente legati alla struttura di $\mathbb{R}$. Ma voi, salvo casi eccezionali, non siete Giovanni Prodi, e i vostri studenti resteranno traumatizzati per tutta la vita. Il punto è che la definizione di continuità mediante gli insiemi aperti è tutto tranne che intuitiva, e in mezz'ora vi giochereste metà della classe. Dicendo che $\lim_{x \to x_0} f(x)=l$ se la funzione $$\tilde{f}(x)=\begin{cases} f(x) &\text{per $x \neq x_0$} \\ l &\text{per $x=x_0$} \end{cases}$$ è continua in $x_0$, vi giocherete senz'altro anche l'altra metà dei vostri (poveri) studenti.
  • Quando dovrete spiegare l'integrale definito, sono sicuro che vi verrà voglia di parlare direttamente dell'integrale di Kurzweil-Henstock; vero, cari colleghi? Già, perché avete letto che è la teoria dell'integrazione più potente che si conosca, perfino meglio di quella di H. Lebesgue. E poi sarebbe l'ora di abbandonare quella cariatide dell'integrale di Cauchy e Riemann, che serve a poco e vi occupa quattro ore di partizioni e limiti di somme assurde. Ebbene, fatevi una doccia fredda e ripensateci: il 70% degli studenti non ha la più pallida idea del senso stesso di una somma di Riemann, e recepisce a fatica la definizione di limite come somma quando gli intervalli sull'asse orizzontale sono sempre più piccoli. Se pensate che sia possibile far capire l'integrale di gauge ad uno studente del primo anno, tanto vale che vi dedichiate ad ammaestrare i gatti selvatici.
  • Come diceva il grande Walter Rudin, nessuno studente sente davvero il bisogno di costruire l'insieme dei numeri reali: tutti sanno inconsciamente che cosa siano questi numeri, e tutti imparano ad usarli senza fatica, mentre pochi assimilano la costruzione mediante le classi contigue e le sezioni di Dedekind(*). Se lo diceva il vecchio Walter, fidatevi e non cercate di passare alla storia come quell'insegnante che ha costruito $\mathbb{R}$ davanti ad una platea incredula di futuri farmacisti.
Questi esempi, ovviamente, non si applicano se state insegnando agli allievi matematici e/o fisici. In questo caso fatevi il segno della croce con il gomito, e ringraziate la vostra divinità preferita per il privilegio che vi ha concesso.
 
(*) Mi hanno fatto notare che, nella prima stesura domenicale di questo post, avevo scritto erroneamente Dirichlet invece di Dedekind. Me ne scuso con gli interessati.

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