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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Ci sono delle volte

Ci sono delle volte che vorresti afferrare per il collo gli studenti, perché si presentano all'esame e scrivono che
$$
\lim_{x \to h} \frac{f(x_0+h)-f(x_0)}{h}
$$
è la definizione di derivata.

Ci sono delle volte che ti scappa da ridere, perché uno studente dice "... e adesso, supponendo che $h$ TENDI a zero...". Vorresti dirgli: "Prego Fantocci, mi dichi!", ma ti trattieni.

Ci sono delle volte che ti domandi se hai studiato quattro anni all'università e quattro anni in un prestigioso centro di ricerca per finire ad insegnare compulsivamente i limiti agli studenti di scienze naturali.

Ci sono delle volte che ti senti orgoglioso, perché uno dei tuoi studenti risolve un esercizio che ritenevi troppo difficile.

Ci sono delle volte che non bocci uno studente quando sbaglia la definizione di limite, perché ti sforzi di pensare che sia stata una défaillance momentanea.

E ci sono delle volte in cui sei consapevole che insegnare è bello, ma non dovrebbe essere al centro del tuo lavoro di ricercatore.

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