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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Recensione: Una classe difficile

Oggi vi parlo dell'esordio letterario di Giulia Bozzola, con il romanzo Una classe difficile (edito da Fazi)


Si tratta di un romanzo nel romanzo, nel senso che la protagonista, Greta, scrive una memoria indirizzata ad un maresciallo dei carabinieri. Scopriamo così che Greta è stata supplente in una scuola media di Meduno, un paese sperduto tra le montagne del Friuli. Erano gli anni dei bombardamenti sul Kosovo, e lei era una giovane precaria della pianura. Capiamo che morì un ragazzo, ma l'autrice centellina (un po' manieristicamente) il mistero, e ci introduce nella cronaca apparentemente abitudinaria di un anno scolastico: i colleghi, i ragazzi, la solitudine della montagna d'inverno. Solo alla fine apprendiamo la verità: aspra e senza speranza.

Leggiamo in copertina che questo romanzo ha creato scalpore in Friuli, e bastano poche pagine per capirlo. Giulia Bozzola disegna una protagonista al limite dell'autismo, sprezzante verso le persone di Meduno e verso le loro abitudini di vita. Qua e là emerge lo spiacevole atteggiamento del cittadino che tratta i montanari come fossero intrinsecamente imperfetti; è facile immaginare che gli abitanti delle valli si siano sentiti a disagio.
Complessivamente è un ottimo esordio, forse leggermente prolisso nella seconda parte. Qualcuno forse troverà echi di romanzi celebri (mi sembra che ci sia un evidente richiamo al Signore delle Mosche nel capitolo sulla festa al fiume, con i tamburi assordanti e la festa pagana), ma lo stile è piacevole. A volte la Bozzola si affida al flash-back improvviso, rendendo difficile il salto fra la narrazione contemporanea e quella dei ricordi. Purtroppo il lettore tende a dimenticare che sta leggendo un memoriale, e gli appellativi diretti che la protagonista indirizza al carabiniere non sono sempre naturali.

Se proprio vogliamo trovare un difetto a questo libro, probabilmente è la ricchezza degli spunti. Ci sono tanti temi: l'innamoramento platonico per il collega comunista e depresso, l'affetto un po' ambiguo per l'allievo Occhiverdi, la malinconia dell'insegnante che abbandona gli alunni, i rapporti sconfortanti con l'autorità costituita (presidi, carabinieri, ecc.), la paura della guerra, il rimpianto per i sogni mai realizzati. Insomma, c'è probabilmente troppo, e spesso resta una sensazione di incompiutezza. Alcuni argomenti entrano ed escono dal racconto senza apparente ragione, forse nel tentativo di riprodurre la vita.

Le pagine conclusive sono appassionanti e inutilmente amare. Il capitolo esplicativo finale, paradossalmente, poteva essere risparmiato: in fondo, conta davvero la realtà?


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