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Riflessioni sull'insegnamento

  Corrono tempi alquanto peculiari nell'ambiente universitario. Bisogna premettere, doverosamente, che l'accademia italiana è stata a lungo un territorio vetero-feudale, cioè governato in larga misura dall'operato dei singoli docenti. Per essere concreti, tutti abbiamo sentito parlare dei famigerati professori "che non promuovevano nessuno", o di quelli che "passavano tutti al primo appello." In queso senso, i corsi di laurea avevano una trama comune piuttosto sfilacciata. Oggi tutto sta cambiando, e piuttosto velocemente. Dall'alto (nel senso di: governo, Europa, Mondo, Universo) arrivano pressanti richieste di trasparenza e omogeneità. Se un docente del 1985 poteva permettersi di insegnare praticamente ciò che voleva all'interno dei suoi corsi (con qualche vincolo, ma non troppo stringente), oggi si respira un'aria di regolamentazione sempre più forte. Questa regolamentazione non tocca, almeno in prima battuta, i contenuti degli insegnament

Centocinquanta e non più centocinquanta

Ce l'hanno inculcato fino alla noia: l'Italia è riunita da 150 anni. Lo urlano i telegiornali, lo scrive Topolino (forse più attendibile dei telegiornali). Stamattina, mentre camminavo fra gli allegri assessori comunali che appendevano le foto di misteriosi patrioti canturini, mi sono chiesto: sarebbero morti per la patria se avessero potuto sapere quello sarebbe successo?
Ministri che si sentono stranieri e incassano soldi italiani, olgettine ignude che sollazzano vecchietti incerottati e miliardari, "ruba ruba, arraffa arraffa" a spese del territorio.
Non sono patriottico, ma guardando le foto di quei giovani ricordàti una volta al secolo mi vergogno un po'.

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